Dicevo della resistenza al gelo delle rose hugonis: svernano, qui, coraggiose senza precauzione alcuna, che non sia quella di assicurare i loro fusti a qualche sostegno, di modo che non siano trascinati a terra dalla neve.
Questa la loro divisa a fine novembre, dopo aver subito i primi geli e le prime nevicate.
E tenacemente tiene a sé, ostinato, tutte le foglie, quand’anche vessate dalle grandinate, il cornus florida rubra. Che per questo motivo va addirittura puntellato - anche a nevicata in corso - prima che il peso accumulato faccia collassare i rami fino al suolo. Qualche valligiano avrà anche assistito, penso con discreta meraviglia, allo spettacolo reso da una pazza furiosa, magari col piumino sul pigiama e pila al collo, che accorre nottetempo a scuotere il pigro cornus mentre nevica che Manitù la manda.
I Lupini tengono botta per un pezzo ai primi geli, accendendo il loro verde.
Per ora abbiamo finito di coprire le rose con terriccio e sabbia: l’aspetto di queste torri in reticolato verde non è dei migliori e ringrazio i gentili vicini per aver pazientemente sopportato per un paio di settimane un giardino coi bigodini. Per non dire di tutto l’armamentario di sacchi di terriccio, di sabbia, attrezzi, massi e sassi di ogni tipo accumulati per mesi, durante i lavori per i muretti, nel nostro privato dehors.
Converrete che non è un bel vedere: qui, ove il nostro gattazzo difende il suo territorio (e il suo film) dall’intrusione de Lo Smilzo, si intravede, a destra, la torre della rosa Moschata, ancora da rifinire.
La rosa Rubiginosa, impavida, riposerà così, invece, l’inverno: al pedale un cono alto una cinquantina di centimetri di terriccio e sabbia e della paglia tutt’intorno, tenuta ferma con qualche frasca.
Lo stesso la Rosa Nevada, piantata non molto lontano.
Mi pare che queste ultime s’intonino con la vista della valle, spero che non dispiacciano ai vicini che hanno il giardino dietro il mio, diviso da una bassa staccionata. Ahimé a ridosso della staccionata avrei progettato, appena comprata casa, una bella siepe, decidua, per ripararmi dal vento e dagli occhi altrui. Ma così facendo avrei tolto loro gran parte della loro vista migliore e mi sono risolta, a malincuore, a piantare una siepe di basse uva spina. Rossa: gelatina eccezionale celebrata pure in un’ottimo dolce. Ricetta dal Larousse des Confitures (quella del dolce), autrice Christine Ferber.
Il mattino del 19 novembre si presenta così:
Qualcuno esprime una certa perplessità circa l’estetica delle torri delle rose.
Occorre darsi una mossa e finire prima che nevichi nuovamente in valle.
Non prima di aver dato conto della messa in fuga dello Smilzo, al termine del duello il giorno prima, mi ingiunge qualcuno con tono risentito. Mi adeguo, vista l’aria minacciosa, e pubblico immantinente.
Quel che lo sceriffo non sa, e che spero resti tra noi, è che quel bandito dello Smilzo si è riaffacciato, poco dopo, da dietro la magnolia stellata, sul confine, appena dietro quel cumulo scuro che vedete, sotto il cui manto riposano le rose Abraham Darby e una bianca polyantha di cui non ricordo, al momento, il nome.
Povere rose, queste ultime! Già molto castigate dall’inverno precedente, e trapiantate in ottobre, pure.
Il 21 novembre, presi i cannicciati e tutto l’occorrente, il cielo è livido, fa un freddo becco ma si deve continuare.
Il cannicciato intorno alla rosa Moschata, facilmente fissato al cilindro di rete.
Qui si vede la struttura portante del cappuccio, che è sufficiente appoggiare, dopo essersi rovinati le mani con cesoie, rete tagliente, e geometria del cono.
Il dettaglio dell'interno:
Si misura il telo in robusta plastica, per rivestire i cappucci; sullo sfondo si vede la protezione della rosa Clair Matin.
Finalmente siamo arrivati al tetto! Mi si invita a non fare la spiritosa quando arrivo con la frasca.
La posa in opera viene, dalla sottoscritta direttrice lavori, criticata: i rivestimenti andrebbero rovesciati, come da capitolato, per mostrare esternamente il lato nero.
Taccio i commenti del tecnico.
Il lato nero ;-D Che diamine, ci devo metter su le frasche e se fosse bianco sarebbe una ciofeca, no? Ma il tecnico preme per una sua idea di copertura, su cui sono in disaccordo.
Pure il cielo nereggia e annuncia maltempo. Che a novembre non può essere che neve.
Con la fortuna di qualche bel giorno in zona Cesarini mi sa che abbiamo cicalato poco e fatto le formiche assai: ora le rose sono protette anche se nevicasse e le rifiniture possono attendere.
E poi... quale neve? Stanca e contenta crollo sul letto e mi sogno l'estate.
mercoledì 30 marzo 2011
martedì 29 marzo 2011
I castelli delle rose nell’inverno a – 30° C V Parte – Ove si sotterrano le rose delicate
Novembre 2010, primi giorni.
Per fortuna si susseguono giornate di sole: qualcuno dà una mano a toglier l’erba dai mirtilli rossi, i cranberry di cui è tanto se si palesano due bacche, e il perché si intuisce.
Il mattino si acquerella pian piano
il mezzogiorno scrive storie d’estate
i tramonti via via più sommessi: di fiori, di verdi.
Questi colori, queste luci sono doni rari. Ed effimeri: abbiamo giusto il tempo per circondare di reti le altre rose: la New Dawn, la Moschata, la Clair Matin, la Parkdirector Riggers, e riempire lo spazio così ottenuto con terriccio e sabbia.
Ecco, per tutte, la Moschata, assicurata a un tripode e ricoperta a tutta altezza; le altre sono ormai sistemate nello stesso modo.
E intanto riede a parca mensa fischiando il cacciatore, dopo la solita battuta per talpe.
Per fortuna infruttosa, come al solito.
Per oggi a casa, tutti, per il meritato riposo!
Per fortuna si susseguono giornate di sole: qualcuno dà una mano a toglier l’erba dai mirtilli rossi, i cranberry di cui è tanto se si palesano due bacche, e il perché si intuisce.
Il mattino si acquerella pian piano
il mezzogiorno scrive storie d’estate
i tramonti via via più sommessi: di fiori, di verdi.
Questi colori, queste luci sono doni rari. Ed effimeri: abbiamo giusto il tempo per circondare di reti le altre rose: la New Dawn, la Moschata, la Clair Matin, la Parkdirector Riggers, e riempire lo spazio così ottenuto con terriccio e sabbia.
Ecco, per tutte, la Moschata, assicurata a un tripode e ricoperta a tutta altezza; le altre sono ormai sistemate nello stesso modo.
E intanto riede a parca mensa fischiando il cacciatore, dopo la solita battuta per talpe.
Per fortuna infruttosa, come al solito.
Per oggi a casa, tutti, per il meritato riposo!
domenica 27 marzo 2011
I castelli delle rose nell’inverno a – 30° C IV Parte – Ove si iniziano i lavori e ci si arrabbia assai.
Fine ottobre 2010.
La neve, bellissima, resiste ancora.
Il sole che si affaccia in valle di primo mattino, il giorno del mio compleanno, mi accoglie così:
La nebbia lungo il torrente vela gli alberi e piano si dissolve, filamentosa, verso la Val Pusteria.
Tutto cambia di momento in momento.
Rapidamente.
La bella giornata e la temperatura mite fanno pensare che presto la coltre di neve cederà al prato: i contadini ne approfittano per spargere ancora l’urina delle vacche, tracciando solchi marroni. Ne traggo un buon auspicio per i nostri ultimi lavori in giardino, prima che il suolo geli.
Nel frattempo il laborioso impiegatto, in questa neve leggera, si mette d'impegno a scavare e a cavar l'erba.
... tra una canna e l’altra, s’intende.
Più tardi l'impiegatto, dismessi i modi agricoli, riprende il suo aspetto ferino di puma delle nevi e si accommiata, non senza ergersi , in tutta bellezza, accanto alla magnolia stellata, prima di scomparire oltre la staccionata diretto verso ignoti festini.
io riprendo con mano tremante le mie rose, o meglio quel che ne resta tra perle di brina.
Scende presto la sera, a fine ottobre, verso la Val Pusteria.
Le previsioni del tempo indicano precipitazioni. Ancora neve? Terra gelata e impossibilità di conficcarvi le canne di sostegno?
Precipitazioni, sì: un po’ di pioggia e tempo umido nei giorni seguenti.
Cadono foglie.
Brillano bacche.
Novembre inizia con temperature diurne sopra lo zero e la terra, libera dalla neve, è lavorabile: non possiamo porre altro tempo in mezzo e tocca di lavorare sotto una pioggia leggera e intermittente che, purtroppo, bagnerà il terriccio.
Su suggerimento del Bepo avevamo comprato delle canne in plastica: molto resistenti e, a differenza del bambù, non soggette a patogeni. Non belle, certo, ma verranno coperte. Bravo Bepo, grazie! Consiglio prezioso.
Sconsiglio vivamente Il bambù per vernalizzare (licenza per "winterizing" ;-)) le rose, soprattutto se impiegato anche come tutore, a diretto contatto con le piante. Dissotterrate infatti le rose, i pochi bambù utilizzati, nonostante le bassissime temperature invernali, con mia grande sorpresa hanno mostrato sviluppo di muffe e macchie nere.
Qui il fattaccio, ovvero del riempimento di questa grande struttura, che comprendeva quattro rose, malamente iniziato dall'incauto coniuge e ancora più malamente terminato.
Piero, preso dall’entusiasmo, non attende che io fissi le Narrow Water e le altre rose di questo set, ai rispettivi tripodi da sistemarsi ad hoc: le sommerge di terriccio e sabbia mentre io sono in casa a dolermi del mal di schiena.
Nella foto manca ancora un buon metro di terra.
Lascio immaginare il mio disappunto a “lavoro” uxorio fatto e finito del tutto. Secondo lui, naturalmente.
Esco e vedo che ha pure accumulato la terra in modo spropositato da una sola parte (verso la valle) tanto che la struttura di rete, mancando pure di canne di sostegno nel lato più sollecitato, s’inclina pericolosamente, minacciando tracolli.
Credo che i valligiani ne abbiano sentito di tutti i colori quando, da sola, mi sono messa a risollevare la terra, spostandola a monte, liberando per quel che potevo le piante e tentando di assicurarle compostamente. Un lavoro fatto male: molto tempo, molta fatica, molti graffi sulle mani. Ma infine son riuscita a flettere i fusti più alti e a coricarli, legati, coperti con paglia.
La terra è stata distribuita secondo il pendio e la rete, puntellata con un paio di canne aggiuntive, che fortunatamente il suolo ha accolto senza problemi, dovrebbe poter reggere.
Stanca morta, senza manco la forza di fare una fotografia, stendo provvisoriamente un velo doppio di tessuto non tessuto, coperto da teli di plastica, ricavati dai sacchi del terriccio.
Oggi ci siamo ben meritati il giusto riposo.
Promemoria: mai più piante coricate o comunque flesse in orizzontale, mai più paglia tra i rami (almeno non inserita nelle condizioni in cui ho operato io, di lieve pioggerellina). E’ difficilissimo individuare, con la pianta stesa, dove incidere il terriccio ancora semighiacciato senza ledere i fusti. Quanto al secondo punto, il ghiaccio tesse gli steli della paglia con fusti e foglie formando con essi un pannello solido con pochissima inclinazione a sciogliersi. E, altra cosa, mai più accumuli così grandi: temendo gelate dopo la pioggia, accelerammo i lavori e creammo una struttura che avrebbe accolte le due Narrow Water, la Falstaff (Austin Roses) la Jasmina. Il prossimo anno innalzeremo strutture indipendenti, valutando se mettere al riparo insieme solo le due Narrow Water.
Un altro punto riguarda la miscela terriccio e sabbia: nella fretta qualche strato non fu reso uniforme come si sarebbe dovuto: se è il terriccio a prevalere non è cosa grave ma la presenza di uno strato di sabbia relativamente pura forma gelidi blocchi solidissimi.
La neve, bellissima, resiste ancora.
Il sole che si affaccia in valle di primo mattino, il giorno del mio compleanno, mi accoglie così:
La nebbia lungo il torrente vela gli alberi e piano si dissolve, filamentosa, verso la Val Pusteria.
Tutto cambia di momento in momento.
Rapidamente.
La bella giornata e la temperatura mite fanno pensare che presto la coltre di neve cederà al prato: i contadini ne approfittano per spargere ancora l’urina delle vacche, tracciando solchi marroni. Ne traggo un buon auspicio per i nostri ultimi lavori in giardino, prima che il suolo geli.
Nel frattempo il laborioso impiegatto, in questa neve leggera, si mette d'impegno a scavare e a cavar l'erba.
... tra una canna e l’altra, s’intende.
Più tardi l'impiegatto, dismessi i modi agricoli, riprende il suo aspetto ferino di puma delle nevi e si accommiata, non senza ergersi , in tutta bellezza, accanto alla magnolia stellata, prima di scomparire oltre la staccionata diretto verso ignoti festini.
io riprendo con mano tremante le mie rose, o meglio quel che ne resta tra perle di brina.
Scende presto la sera, a fine ottobre, verso la Val Pusteria.
Le previsioni del tempo indicano precipitazioni. Ancora neve? Terra gelata e impossibilità di conficcarvi le canne di sostegno?
Precipitazioni, sì: un po’ di pioggia e tempo umido nei giorni seguenti.
Cadono foglie.
Brillano bacche.
Novembre inizia con temperature diurne sopra lo zero e la terra, libera dalla neve, è lavorabile: non possiamo porre altro tempo in mezzo e tocca di lavorare sotto una pioggia leggera e intermittente che, purtroppo, bagnerà il terriccio.
Su suggerimento del Bepo avevamo comprato delle canne in plastica: molto resistenti e, a differenza del bambù, non soggette a patogeni. Non belle, certo, ma verranno coperte. Bravo Bepo, grazie! Consiglio prezioso.
Sconsiglio vivamente Il bambù per vernalizzare (licenza per "winterizing" ;-)) le rose, soprattutto se impiegato anche come tutore, a diretto contatto con le piante. Dissotterrate infatti le rose, i pochi bambù utilizzati, nonostante le bassissime temperature invernali, con mia grande sorpresa hanno mostrato sviluppo di muffe e macchie nere.
Qui il fattaccio, ovvero del riempimento di questa grande struttura, che comprendeva quattro rose, malamente iniziato dall'incauto coniuge e ancora più malamente terminato.
Piero, preso dall’entusiasmo, non attende che io fissi le Narrow Water e le altre rose di questo set, ai rispettivi tripodi da sistemarsi ad hoc: le sommerge di terriccio e sabbia mentre io sono in casa a dolermi del mal di schiena.
Nella foto manca ancora un buon metro di terra.
Lascio immaginare il mio disappunto a “lavoro” uxorio fatto e finito del tutto. Secondo lui, naturalmente.
Esco e vedo che ha pure accumulato la terra in modo spropositato da una sola parte (verso la valle) tanto che la struttura di rete, mancando pure di canne di sostegno nel lato più sollecitato, s’inclina pericolosamente, minacciando tracolli.
Credo che i valligiani ne abbiano sentito di tutti i colori quando, da sola, mi sono messa a risollevare la terra, spostandola a monte, liberando per quel che potevo le piante e tentando di assicurarle compostamente. Un lavoro fatto male: molto tempo, molta fatica, molti graffi sulle mani. Ma infine son riuscita a flettere i fusti più alti e a coricarli, legati, coperti con paglia.
La terra è stata distribuita secondo il pendio e la rete, puntellata con un paio di canne aggiuntive, che fortunatamente il suolo ha accolto senza problemi, dovrebbe poter reggere.
Stanca morta, senza manco la forza di fare una fotografia, stendo provvisoriamente un velo doppio di tessuto non tessuto, coperto da teli di plastica, ricavati dai sacchi del terriccio.
Oggi ci siamo ben meritati il giusto riposo.
Promemoria: mai più piante coricate o comunque flesse in orizzontale, mai più paglia tra i rami (almeno non inserita nelle condizioni in cui ho operato io, di lieve pioggerellina). E’ difficilissimo individuare, con la pianta stesa, dove incidere il terriccio ancora semighiacciato senza ledere i fusti. Quanto al secondo punto, il ghiaccio tesse gli steli della paglia con fusti e foglie formando con essi un pannello solido con pochissima inclinazione a sciogliersi. E, altra cosa, mai più accumuli così grandi: temendo gelate dopo la pioggia, accelerammo i lavori e creammo una struttura che avrebbe accolte le due Narrow Water, la Falstaff (Austin Roses) la Jasmina. Il prossimo anno innalzeremo strutture indipendenti, valutando se mettere al riparo insieme solo le due Narrow Water.
Un altro punto riguarda la miscela terriccio e sabbia: nella fretta qualche strato non fu reso uniforme come si sarebbe dovuto: se è il terriccio a prevalere non è cosa grave ma la presenza di uno strato di sabbia relativamente pura forma gelidi blocchi solidissimi.
martedì 22 marzo 2011
I castelli delle rose nell'inverno a - 30° C III Parte - Nevica ma non si sta a guardare
Eravamo rimasti alla scintillante nevicata del 20 ottobre 2010,
che tanta magia luminosa aveva profuso in valle e nel nostro giardino. Autunnale quasi per la prima volta. giacché i recenti impianti di graminacee, berberis, l'acer, i nuovi meli, l'accestirsi delle altre piante, avevano da poco arricchito la tavolozza di stagione.
La nevicata aveva sorpreso le vacchette, da poco tornate dall’alpeggio, nel pascolo adiacente: nel corso di poche ore i prati imbiancati avrebbero ripreso il loro colore, il sole splendeva ma era chiaro per le mucche era ormai tempo di metter fine alle vacanze estive.
Il 25 ottobre di nuovo neve, e tanta!
Cielo oscuro e silenzio ovattato. Non si sarebbe fatto ancora nulla per le rose.
Cincie litigiose al ristorante.
Disposte provviste supplementari.
Il giorno seguente tutto è luminoso e qualcuno posa per il servizio invernale.
senza dimenticare la partita di caccia,
e un controllo alle rose.
Non che noi si stia a guardare, eh!
Mentre la berberis scambia confidenze con il cornus florida,
qualcuno rimedia il palo per fissare la mangiatoia invernale per gli uccelletti: mo' che circolano gatti è meglio esser prudenti e tenerla più in alto.
E son da liberare gli arbusti dal peso della neve, da fissare più strettamente ai tripodi le rose, soprattutto la rustica e vigorosissima rosa hugonis, che sverna selvaggia senza protezioni.
Giusto per non trovarsela per terra fino alla prossima primavera.
E rassegnarsi a tagliare al suolo le erbacee perenni.
che tanta magia luminosa aveva profuso in valle e nel nostro giardino. Autunnale quasi per la prima volta. giacché i recenti impianti di graminacee, berberis, l'acer, i nuovi meli, l'accestirsi delle altre piante, avevano da poco arricchito la tavolozza di stagione.
La nevicata aveva sorpreso le vacchette, da poco tornate dall’alpeggio, nel pascolo adiacente: nel corso di poche ore i prati imbiancati avrebbero ripreso il loro colore, il sole splendeva ma era chiaro per le mucche era ormai tempo di metter fine alle vacanze estive.
Il 25 ottobre di nuovo neve, e tanta!
Cielo oscuro e silenzio ovattato. Non si sarebbe fatto ancora nulla per le rose.
Cincie litigiose al ristorante.
Disposte provviste supplementari.
Il giorno seguente tutto è luminoso e qualcuno posa per il servizio invernale.
senza dimenticare la partita di caccia,
e un controllo alle rose.
Non che noi si stia a guardare, eh!
Mentre la berberis scambia confidenze con il cornus florida,
qualcuno rimedia il palo per fissare la mangiatoia invernale per gli uccelletti: mo' che circolano gatti è meglio esser prudenti e tenerla più in alto.
E son da liberare gli arbusti dal peso della neve, da fissare più strettamente ai tripodi le rose, soprattutto la rustica e vigorosissima rosa hugonis, che sverna selvaggia senza protezioni.
Giusto per non trovarsela per terra fino alla prossima primavera.
E rassegnarsi a tagliare al suolo le erbacee perenni.
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